01 Ottobre 2020

Puntare tutto e subito sull’alfabetizzazione digitale

Puntare tutto e subito sull’alfabetizzazione digitale

L’alfabetizzazione digitale deve essere la chiave per evitare i crimini informatici, compresi quelli connessi al riciclaggio di denaro

È impietoso lo scenario italiano che l’OCSE, nell’ultimo report Skills Outlook 2019, fotografa: la popolazione italiana, di fatto, non possiede le competenze base necessarie per progredire in un mondo digitale. Solo il 21% della popolazione tra i 16 anni e i 65 anni possiede un livello di alfabetizzazione digitale sufficiente (Livello 3 dell’apposito test PIAAC); il 36% è in grado di utilizzare internet in modo complesso e diversificato. E l’Italia è in buona compagnia: il report dell’OCSE, infatti, osserva che solo Belgio, Danimarca, Finlandia, Paesi Bassi, Norvegia e Svezia stanno crescendo in termini di competenze digitali mentre tutti gli altri paesi europei riscontrano gravi problemi.
D’altro canto, però, la criminalità organizzata sembra stia sviluppando tutte quelle competenze necessarie per poter sfruttare al meglio internet e il web. È il caso dei cyber criminali che colpivano dalla Romania e riciclavano il denaro in Italia attraverso una efficiente organizzazione basata su diversi livelli. Al primo livello operavano gli hacker che dalla Romania sfruttavano tutte le più note tecniche di frodi informatiche per colpire singoli ed aziende: truffe on-line su portali di commercio elettronico, affitto di inesistenti case vacanza, malware di ogni tipo, phishing. Una volta portate a termine le frodi, entrava in scena il secondo livello dell’organizzazione composto da due coppie di cittadini rumeni residenti in Italia che avevano il compito di “ripulire” il denaro illecitamente guadagnato attraverso un vero e proprio factoring criminale cui veniva “esternalizzato” il servizio di riscossione capace di mettere a disposizione numeri di conto correnti intestati a diversi prestanome su cui l’organizzazione rumena bonificava i proventi delle frodi che venivano ripuliti, incassati, decurtati di una fee del 35-40% per il servizio reso ed infine spostati in contanti oltre frontiera attraverso i cosiddetti money mules, veri e propri corrieri che movimentavano il denaro verso la Romania.
Questa è l’ultima – in ordine di tempo – delle organizzazioni scovate e smantellate dalla Guardia di Finanza: ne esistono migliaia sparse in tutto il mondo e alcune di esse sono ben strutturate e organizzate. Ma in realtà l’incontro tra hacker dotati di forti competenze informatiche e criminali con decennale esperienza nel riciclaggio di denaro è cosa ormai nota, data anche la natura intrinsecamente transnazionale della rete e di Internet e i guadagni che si possono ottenere attraverso i crimini informatici.
Cosa fare allora per far fronte – o quanto meno per limitare – al fenomeno dei crimini informatici? La prima missione urgente e necessaria, tanto a livello nazionale quanto a livello europeo, è implementare una strategia di alfabetizzazione digitale che deve partire dalle scuole, primo luogo indispensabile per farla decollare e dotare i futuri cittadini delle risorse necessarie per poter progredire all’interno della attuale “società dell’informazione”, espressione tanto cara ai sociologi odierni utilizzata per individuare la società post-industriale, dove l’informatica e le ICT pervadono ogni ambito della comunità.
Aumentare l’alfabetizzazione digitale è improrogabile perché rimanere in mezzo al guado significa non solo far aumentare ancora di più il gap digitale e di conseguenza far aumentare e prosperare le organizzazioni criminali, ma ciò crea anche un problema di inclusione sociale che si riflette sull’economia: chi non possiede le competenze necessarie digitali non riuscirà mai ad utilizzare i servizi pubblici o privati più avanzati anche se disponibili.

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