07 Giugno 2017
OAM: se il mediatore “raccomanda”. Controlli per tutti.
L’OAM con una recente comunicazione, la numero 16, nell’evidenziare alcune criticità operative e diffondere il relativo alert, ha riacceso i riflettori su una questione assai spinosa, quella della raccomandazione personalizzata o più in generale dell’attività di consulenza.
Un profilo che, diversamente da quel che si potrebbe pensare, non riguarda esclusivamente i mediatori ma, si deve presumere, interessi anche tutti quegli intermediari che dei mediatori si servano quale rete commerciale, poiché se è vero che ciascun soggetto risponde del proprio operato e dei livelli di aderenza alla normativa del proprio contesto operativo, è altrettanto confermato che sussiste una sorta di responsabilità comune che invita ad un controllo reciproco di conformità. Delegare infatti a terzi soggetti attività quali quelle di acquisizione della clientela non esonera certo da responsabilità o riduce i rischi reputazionali e legali, ma anzi in alcuni casi impone un upgrade dei presidi.
Ciò premesso dunque, occorre richiamare la Comunicazione del 10 maggio 2017 con la quale OAM ha fornito chiarimenti in materia di calcolo del TAEG e relativo obbligo di comunicazione dei costi sostenuti dal cliente ai fini di un corretto calcolo del citato tasso, approfondendo altresì il tema della consulenza. In particolare OAM ha richiamato la prassi, attualmente in voga, dei mediatori di rendere “raccomandazioni personalizzate” quale servizio ulteriore rispetto alla consulenza insita nell’attività di mediazione, frazionando il compenso in due voci diverse, sia elusiva delle regole di trasparenza e correttezza richieste nei rapporti con la clientela, oltreché in aperta violazione dell’art. 128 sexies, comma 2 bis del TUB. Questo tipo di operatività si ripercuote infatti anche sul cliente nella misura in cui è stato rilevato che alcuni mediatori, al momento della comunicazione del compenso percepito per l’attività di mediazione ai fini dell’aggiornamento del TAEG, non includano nella somma, l’ulteriore compenso percepito per il servizio di consulenza, (tenendolo separato da quello di mediazione).
Dato per assodato l’obbligo di corretto e complessivo calcolo del Taeg però, la comunicazione in oggetto offre l’occasione per riaccendere il quesito circa l’ammissibilità di una attività di raccomandazione personalizzata quale esclusiva e fine a stessa e dunque a prescindere dall’oggetto principale della mediazione.
Sul punto le norme riservano l’attività di consulenza a soggetti iscritti in un apposito elenco. E lo stesso OAM ha avuto modo di chiarire in passato che la consulenza prestata dal mediatore, anche ove qualificata in via meramente formale quale “raccomandazione personalizzata”, deve sempre ritenersi funzionale e servente rispetto alla principale attività di mediazione perché finalizzata alla ricerca del contatto tra le parti per l’ottenimento del servizio richiesto. Infatti l’attività di consulenza indipendente risulta incompatibile con lo svolgimento dell’attività di mediazione creditizia, dovendo la prima essere esercitata, in via esclusiva, da parte di soggetti iscritti nella sezione dell’Elenco di cui all’articolo 128-sexies, comma 2-bis del TUB. L’elemento tipico che caratterizza l’attività del mediatore creditizio, ai sensi dell’art. 128-sexies, comma 1, del TUB, è la c.d. “messa in relazione”, volta a procurare o favorire la stipula di un contratto di finanziamento tra le parti. Tale messa in relazione, ai sensi del medesimo articolo, può essere svolta anche attraverso attività di consulenza ma, si badi bene, soltanto ove questa risulti strumentale alla messa in relazione tra le parti.
Dunque è da escludere che un mediatore possa – magari predisponendo un apposito e separato contratto – svolgere attività di consulenza in via autonoma ed esclusiva e senza che la stessa sia propedeutica alla canonica “messa il relazione”.
Al riguardo si ribadisce la necessità della severa aderenza al testo normativo da parte dei mediatori, ma anche di un attento monitoraggio sulle reti distributive da parte degli intermediari che se ne servano: esso appare come uno dei presidi fondamentali dell’intero sistema dei controlli, e la circostanza che il rapporto con il cliente “sia mediato” da un terzo (il mediatore) non esclude la responsabilità di tutti i soggetti coinvolti. Del resto la stessa Banca d’Italia ha più volte sottolineato come l’acquisizione di clientela per il tramite di mediatori – piuttosto che attraverso agenti – “sembra caratterizzarsi per maggiori livelli di rischiosità e minore incisività dei controlli per cui, l’attenzione deve essere, dunque, rafforzata”.