03 Giugno 2015

Trasparenza: il caso dei buoni fruttiferi
Le condizioni pattuite con il cliente in sede di sottoscrizione di Buoni Fruttiferi, in relazione alla misura dei rendimenti e ai termini per l’esercizio del diritto al rimborso, prevalgono sulla disciplina ministeriale della specifica emissione del titolo.
Si è registrato un progressivo aumento del contenzioso conseguente al rimborso di buoni postali fruttiferi (BPF), ovverosia di quei titoli, emessi dalla Cassa depositi e prestiti, garantiti dallo Stato e collocati presso il pubblico investitore da Poste Italiane, che prevedono la restituzione del capitale investito e gli interessi maturati, in misura del rendimento del titolo e della durata dell’investimento.
Le principali contestazioni avanzate dagli intestatari dei buoni fruttiferi postali, all’atto della riscossione del capitale investito, attengono alla mancata applicazione del regime di interessi espressamente convenuto in sede di sottoscrizione del titolo, in luogo delle determinazioni previste dal decreto ministeriale di emissione del titolo stesso e riportato, con apposizione di un timbro, sul retro del buono, nel momento in cui questo preveda condizioni meno vantaggiose, con riferimento alla misura dei rendimenti ed ai termini per l’esercizio del diritto al rimborso.
In buona sostanza, nei casi sottoposti all’attenzione degli organi competenti, si è più volte verificata la situazione in cui il risparmiatore si è rivolto all’intermediario per riscuotere il capitale investito, nella misura risultante dall’applicazione delle specifiche condizioni convenute contrattualmente, ricevendo, diversamente, una somma inferiore, frutto dell’applicazione, da parte dell’intermediario stesso, del saggio di interessi previsto dal relativo decreto ministeriale vigente all’atto di emissione del titolo.
Sulla questione hanno definitivamente posto luce, dapprima la Suprema Corte a Sezioni Unite con sentenza del 15 giugno 2007, n. 13979 e successivamente il Collegio di Coordinamento dell’Abf, con decisione n. 5673/2013: entrambe le citate pronunce hanno consacrato la prevalenza delle condizioni contrattuali appositamente stabilite dalle parti e riportate espressamente sul titolo, rispetto alla disciplina ministeriale della specifica emissione.
In particolare, la Corte di Cassazione ha precisato che, nella disciplina dei buoni postali fruttiferi, il rapporto tra Poste Italiane Spa e il sottoscrittore dei titoli si forma sulla base dei dati risultanti dal testo dei buoni di volta in volta acquistati.
Pertanto, il contrasto tra le condizioni indicate sul titolo e quelle stabilite dal Decreto Ministeriale che ne disponeva l’emissione deve essere risolto dando la prevalenza alle prime, “essendo contrario alla funzione stessa dei buoni postali che le condizioni alle quali le Poste si obbligano possano essere, sin da principio, diverse da quelle espressamente rese note al risparmiatore all’atto della sottoscrizione del buono”.
Sulla scia di quanto rilevato dagli Ermellini, il Collegio di Coordinamento ha ulteriormente sottolineato come la disciplina ministeriale non precluda affatto la facoltà delle parti di prevedere contrattualmente condizioni differenti, sia in relazione alla misura dei rendimenti del titolo, sia in relazione ai termini per richiedere il rimborso di quanto investito.
In conclusione, l’intermediario, all’atto dell’emissione di un buono postale fruttifero, dovrà verificare la conformità delle condizioni applicate al titolo e sottoscritte dal risparmiatore, alle determinazioni del decreto ministeriale di emissione, laddove, in caso di contrasto, le prime prevarranno sulle seconde ed il risparmiatore avrà diritto a riscuotere il capitale investito e gli interessi maturati secondo le condizioni convenute.