04 Aprile 2016

Recesso e tasso debitore
La decisione in commento dell’A.B.F. riguarda il ricorso presentato da una Società titolare di un conto corrente presso la banca resistente, con relativa apertura di credito, avente ad oggetto la contestazione relativa all’applicazione di un tasso interesse debitore pari al doppio a quello praticato in precedenza, senza che la banca avesse preventivamente comunicato la variazione.
La ricorrente ha asserito che la banca non ha mai comunicato il recesso dal rapporto tramite lettera raccomandata, pur dichiarando di aver acconsentito ad un piano di rientro con l’applicazione di un tasso più vantaggioso pari al 6%.
La banca sostiene che ha provveduto a riaccreditare a titolo di rimborso forfettario la somma di euro 200,00 per gli interessi maggiorati, ricordando che il fido era stato revocato, con conseguente applicazione di interessi più elevati. Inoltre ha depositato le lettere, regolarmente consegnate, con le quali aveva comunicato alla Società la revoca del fido “per irregolare utilizzo”, evidenziando altresì il successivo accordo per un piano di rientro del debito.
Per quanto riguarda il tasso di interesse applicato dopo la revoca, la banca ha sostenuto che la sua quantificazione, nella misura massima del 17%, era contenuta nei fogli informativi sottoscritti dalla ricorrente e che l’applicazione del tasso è stata addirittura inferiore, essendo arrivata ad un massimo del 16,5%.
La Società ricorrente, nel ritenere il rimborso ricevuto assolutamente insufficiente e non dotato di alcuna indicazione sul metodo utilizzato dalla banca per il relativo calcolo, ha chiesto all’A.B.F. un rimborso più congruo.
Il Collegio di Napoli ha preliminarmente individuato la questione fondamentale della controversia nella natura e nella portata del tasso applicato dalla banca prima e dopo il recesso, con conseguente diversificazione dell’esposizione debitoria, constatando che la comunicazione della revoca è stata ricevuta dalla società resistente in data 08.07.2014 mentre l’applicazione del tasso del 16,75% decorre dal 30.06.2014. Poiché le parti non hanno specificato nulla in merito, il Collegio ha ritenuto che si tratta di apertura di credito a tempo indeterminato e, per tale ragione, risulta applicabile l’art. 1845 c.c. che prevede: “Salvo patto contrario, la banca non può recedere dal contratto prima della scadenza del termine, se non per giusta causa. Il recesso sospende immediatamente l’utilizzazione del credito, ma la banca deve concedere un termine di almeno quindici giorni per la restituzione delle somme utilizzate e dei relativi accessori. Se l’apertura di credito è a tempo indeterminato, ciascuna delle parti può recedere dal contratto, mediante preavviso nel termine stabilito dal contratto, dagli usi o, in mancanza, in quello di quindici giorni”.
Da ciò deriva che la banca ha applicato il tasso del 16,75%, definito dal Collegio”… invero assai penalizzante”, con largo anticipo rispetto alla ricezione della comunicazione del recesso e prima della scadenza del termine di preavviso indicato dall’art. 1845 c.c.; successivamente, in coincidenza con il primo versamento previsto dal piano di rientro, ha ridotto il tasso al 13,10%.
Pertanto il Collegio ha accolto la domanda della ricorrente, provvedendo a quantificare correttamente gli interessi ed a riconoscere il rimborso nella somma risultante dalla differenza tra quanto illegittimamente incamerato dalla banca e quanto accertato in sede di ricorso.
La decisione del Collegio di Napoli, pur non riguardando argomenti di particolare rilievo tecnico-giuridico, ribadisce la necessità da un lato del rispetto formale e sostanziale da parte dell’istituto di credito delle norme riguardanti l’applicazione dei tassi di interesse e la loro quantificazione, essendo uno degli aspetti principali sui quali la clientela valuta la serietà e la trasparenza della banca, e dall’altro del necessario e costante controllo da parte dei clienti del rispetto delle condizioni contrattuali da parte dell’istituto bancario.