11 Ottobre 2016
L’evoluzione del Confidi: intervista a Luigi Olivi, Direttore Generale di “Confidi.Net”
Nel voler ripercorrere sinteticamente la storia dei Confidi, possiamo datarne la nascita negli anni ’60 quando il sistema dei Confidi nasce come reazione spontanea e solidale dei piccoli e micro imprenditori o delle associazioni di categoria dal basso potere contrattuale nei confronti dei grandi istituti di credito.
Una spinta generatrice che arriva dal basso e che negli anni 70 (quando la crisi economica si fa sentire in maniera particolare sulle imprese relativamente più piccole) rende vantaggioso associarsi ai Confidi come risposta alla difficoltà nell’accedere al mercato creditizio.
Quarant’anni dopo i Confidi sono ancora inseriti a pieno titolo nella filiera del credito, ma viene d’obbligo domandarsi, nel 2016 è ancora attuale il modello Confidi e soprattutto rappresenta tutt’ora un’opportunità?
Restano ancora validi principi che hanno ispirato la nascita dei confidi ; è innegabile che per quasi mezzo secolo hanno portato ossigeno alle aziende attraverso un sistema di garanzie mutualistiche.
Dagli anni ‘70 agli anni ‘90 le regole, di mercato e normative, erano tali che la sostenibilità economica di un confidi era garantita oltre che dalle commissioni generate dall’ attività di rilascio di garanzia, anche dalle rendite finanziarie che i patrimoni gestiti dai confidi producevano . Il sistema pubblico ( Regioni, Provincie,Comuni, Camere di commercio ) contestualmente interveniva a copertura delle perdite e alla costituzione di fondi rischi dedicati.
Con il sopraggiungere della crisi economica del 2008 il sistema di garanzie mutualistico ha iniziato ad incrinarsi: le sofferenze sono cresciute e i margini reddituali sono calati, conseguentemente i coefficienti patrimoniali dei confidi in generale si sono considerevelmente ridotti, le rendite finanziarie sono giunte prossime all’azzeramento . Il principale elemento da sottolineare è che i margini reddituali derivanti dal solo costo della garanzia non riescono a coprire il rischio di credito e i costi di struttura. I confidi sono sempre di più assediati dalle banche che spesso li usano come valvola di sfogo per le posizioni più critiche per le quali le stesse banche non possono sfruttare l’accesso diretto al Fondo centrale di garanzia. Minori volumi e maggiori rischi hanno elevato la percentuale di perdita in capo ai confidi.
Il mutamento del mercato e le nuove regole alle quali i confidi si sono dovuti assoggettare impongono una revisione del modello di business supportata anche da una revisione normativa in grado di rendere ancora efficace e credibile l’attività di rilascio di garanzia, oggi più che mai minata dalle vicende che hanno portato alla chiusura del più grande confidi nazionale.
I dati della Commissione Europea (marzo 2016) mostrano come l’impatto delle sofferenze abbia avuto un peso molto più elevato in Italia rispetto ai principali paesi europei: quanto ciò ha influenzato l’operatività del Confidi?
L’ elevato numero di sofferenze per il sistema bancario Italiano si è riversato proporzionalmente sul sistema confidi che garantiva parte di quelle posizioni. Tale fenomeno ha generato forti tensioni patrimoniali, determinando nell’ultimo biennio una contrazione degli affidamenti garantiti. La crisi ha colto il sistema dei confidi in un periodo di radicale evoluzione che ha comportato, per gli intermediari di dimensioni maggiori, la trasformazione in intermediari vigilati da Banca d’Italia – accentuando le difficoltà dei singoli operatori di adeguarsi al nuovo quadro normativo e mettendone in evidenza le carenze organizzative, oltre che patrimoniali.
E’ cambiato il profilo di clientela che si rivolge al Confidi in questi anni o il target è rimasto il medesimo? E ciò ha influenzato le scelte strategiche del Confidi?
La maggior parte dei confidi nascono in seno alle associazioni di categoria per essere aiutare le aziende associate ad accedere al credito alle migliori condizioni calmierando il costo con la propria garanzia. Ancor prima della nuova normativa che ha sancito la vigilanza della Banca d’Italia sui confidi in possesso di precisi requisiti con la necessità di divenire strutture più tecniche, il sistema confidi, almeno di quelli più attenti, aveva comunque intrapreso la strada della multisettorialità. Ciò ha significato non solo ampliare il ventaglio dei settori merceologici interessati, uscendo fuori da logiche corporativistiche che vedevano i confidi dei commercianti, quelli degli artigiani ecc…, ma anche un sostanziale distacco da una formulazione del credito più associativistica , o assistenzialistica, con un’attenzione pregnante al reale merito creditizio .
Il risultato è stato un tendenziale innalzamento del livello del target cliente, comprensivo sempre più di aziende maggiormente strutturate che hanno comportato la necessità per i confidi di un accrescimento professionale con approfondimento delle competenze tecniche, divenendo in grado di analizzare situazione contabili e finanziarie complesse e in vari campi di applicazione.
Cambiato anche, per forza si direbbe, l’ approccio strategico al mercato, con la necessità di uscire fuori dagli uffici per andare a cercare il cliente sul mercato senza attendere la visita da parte di chi, spesso, aveva già affrontato il “giro delle sette chiese”.
Nell’attuale logica della rete di rapporti che si crea tra confidi ed intermediari bancari, si può dire che questi ultimi abbiano una “supremazia” sulle scelte e sull’intera operazione o il Confidi è riuscito a ritagliarsi uno spazio di autonomia e parità?
I confidi vivono il presente molto condizionati dai rapporti con gli intermediari bancari, anche se personalmente penso che parlare di “supremazia” sulle scelte e sull’intera operazione sia piuttosto forte : il confidi se ben strutturato riesce ad essere parte attiva sia nella parte commerciale ( contatto, istruzione della pratica, scelta dell’intermediario finanziario) sia sulla parte decisionale che resta a suo “insindacabile giudizio” secondo dei criteri di valutazione del merito del creditizio ormai alla pari se non superiori a quelli delle banche, anche per la conoscenza che il confidi ha del territorio.
Che peso sta avendo per la sopravvivenza dei Confidi, il ruolo del Medio Credito Centrale?
Importante non solo per la sopravvivenza ma anche per il futuro, sia dei confidi che del Fondo stesso per il ruolo che una simile istituzione deve assolvere. Paradossalmente, per i confidi ad un maggior utilizzo del Fondo oggi corrisponde una rischio creditizio maggiore assunto , ciò perché il confidi viene a sostenere un sempre maggior numero di crediti più critici rispetto alle banche che godono di maggior copertura del Fondo sui crediti di fascia più elevata (leggi: migliore). La sopravvivenza dei confidi è stata messa in discussione quando è stata data la possibilità di accesso diretto alle banche che hanno utilizzato il Fondo per fare credito a chi lo avrebbe ottenuto comunque con il vantaggio rappresentato dalla possibilità di non utilizzare capitale a copertura di quei crediti.
La riforma attesa del Fondo di garanzia se saranno rispettati i principi e logiche che l’hanno creata “non farà più regali alle banche” ( nella speranza che non ci siano ripensamenti) perché assegnerà una garanzia percentualmente minore alle imprese con un rating elevato, e una maggiore a quelle con rating intermedio e a quelle che faranno investimenti e magari istituzionalizzerà quello che oggi la legge Bassanini permette alle regioni, , così come hanno fatto Marche, Abruzzo e Toscana, di imporre che, per i crediti inferiori a determinati importi sia obbligatorio passare attraverso i confidi, prima di arrivare alla controgaranzia del Fondo.
L’elenco 106 TUB: un’occasione o un fardello?
Sicuramente un’occasione se il nuovo confidi 106 sarà in grado di ottimizzare le opportunità che il nuovo albo riserva e le banche riserveranno la giusta attenzione ai confidi così vigilati, un fardello se pensa di poter restare sul mercato limitando la sua operatività alla sola garanzia.
E’ indubbio che l’evoluzione del sistema stia chiedendo ai Confidi di adattarsi e riprogrammarsi anche dal punto di vista dell’offerta e delle scelte di business. Quali dovrebbero essere le caratteristiche di un “Confidi contemporaneo”?
Un Confidi contemporaneo per essere definito tale deve essere in linea con i tempi, riuscire a sfruttare al meglio le occasioni che il mercato gli offre_; deve dotarsi di strumenti e professionalità in grado di presentarsi sul mercato con una serie di prodotti/servizi che gli permettano di fare cross selling sulle aziende/ clienti ed entrare sempre di più in relazione con le stesse.
Diversificare, sia dal lato dell’offerta che da quello del business , distinguendo tra le attività a rischio per le quali è necessario investire capitali per la copertura e quelle di pura intermediazione che permettono di incassare commissioni senza rischio. Garanzie nei confronti del sistema Creditizio, ma anche garanzie dirette sul sistema aziende, piccolo credito per quella fascia di imprese che le grandi banche non ritengono più remunerative sono da classificare tra le attività a rischio, mentre (a titolo di esempio) la consulenza creditizia, consulenza finanziaria, intermediazione assicurativa e quella nella locazione finanziaria ed operativa potranno essere classificate tra le attività a valore aggiunto senza rischio.
Quando i ricavi derivanti dalle attività di consulenza e quelle di intermediazione giungeranno, unitamente alle commissioni percepite sull’attività tradizionale di attività creditizia, a coprire i costi di struttura e il rischio credito allora potremmo parlare di un raggiunto equilibrio e di un format efficace nella ristrutturazione dei confidi.
Questo è un confidi innovativo , capace di vivere il presente ma con un occhio al futuro, capace di creare sinergie con i suoi simili per confrontarsi con un mercato che sempre più si sta spostando sulla rete, dove in un futuro non troppo lontano si scambierà domanda ed offerta e dove i confidi dovranno trovarsi pronti ad offrire per non subire.