21 Marzo 2017
L’arte di prendere decisioni (razionali). Parte seconda
La pianificazione strategica non è un evento, un’attività o uno strumento. Non è il piano industriale (il piano è l’output “core” della pianificazione strategica) e non si esaurisce con la sua costruzione. Inoltre, non necessariamente deve avere un arco temporale lungo (oggi gli orizzonti temporali si sono accorciati).
E’ una disciplina che include processi, metodi e comportamenti in grado di accrescere e migliorare la razionalità delle decisioni, a qualsiasi livello esse vengano prese. Ed una decisione è razionale se è coerente con gli obiettivi di fondo, con i vincoli esterni esistenti (politici, ambientali, tecnologici, normativi) ed è compatibile con le risorse a disposizione (umane, finanziarie e tecnologiche).
La Pianificazione Strategica è il processo “guida”, all’interno del quale si possono innestare altri processi (si pensi ad es. al Risk Management, al Management by objectives, allo stakeholder Management, al performance Management) e strumenti quali la balanced scorecard di Norton e Kaplan, la catena del valore di Porter, la SWOT Analysis, il business model Canvas, ecc. in relazione alle specifiche necessità o problemi da risolvere.
Sulla pianificazione strategica come processo ci sono una infinità di trattazioni, ma l’architettura che personalmente ritengo meglio la descriva, in una visione olistica ed integrata, è quella di Franco Archibugi che include nel processo, non solo la costruzione del piano strategico (o industriale), ma anche la sua declinazione in piani operativi e progetti da assegnare agli organi di gestione, la costruzione di bilanci di programma, nonché il sistema di monitoraggio e controllo dei risultati.
La vera innovazione, pertanto, parte dal piano strategico (o piano industriale) ma si realizza concretamente solo con la gestione ed attuazione dello stesso.
Costruire un piano strategico “realizzabile” significa rispondere alle seguenti domande: Come definire obiettivi strategici misurabili? Come costruire indicatori di performance? Come declinare un piano strategico in piani operativi e progetti da assegnare alla struttura di gestione? Come costruire un sistema di reporting interno per il monitoraggio continuo e valutazione? Qual è il ruolo dei sistemi informativi? Quale il ruolo dei manager nell’attuazione degli obiettivi? Come gli amministratori possono supervisionare? Rispondere a queste domande significa implementare il processo della pianificazione strategica nella cultura e nel modus operandi di chi “vive” l’organizzazione, la guida, la gestisce, la valuta, la agisce.
Solo in questa cornice organizzativa il piano diventa il punto di riferimento di ogni azione, il documento che permette di migliorare la qualità delle decisioni che vengono prese a qualsiasi livello (Board, Management, ecc.), nonché di valutarne gli effetti e risultati (rispetto allo scopo, alla missione, agli obiettivi che si persegue); il “tableau de bord” del Management, il documento che permette di verificare e misurare le azioni ed i risultati in relazione al loro grado di conseguimento degli obiettivi, un potente strumento di comunicazione nei confronti degli stakeholders e della comunità finanziaria. Ma, soprattutto, il piano è il documento che permette al Board ed al Management, grazie ad un processo di monitoraggio continuo, di intervenire tempestivamente per ritarare le azioni o ridefinire le strategie (pertanto il piano deve essere flessibile) o evitare o limitare fortemente le perdite grazie alla efficacia e alla prontezza con le quali si riesce ad affrontare momenti di difficoltà del mercato.
Nella relazione sulle cause e sulle debolezze di sistema che hanno portato alle turbolenze sui mercati finanziari, il Financial Stability Forum sottolinea più volte, nella prospettiva di rafforzare la solidità dei mercati e degli intermediari, il valore strategico di un buon management e di un sistema dei controlli efficiente. A tali considerazioni si è giunti sulla base delle analisi condotte nelle diverse sedi nazionali e internazionali; esse hanno rivelato che alcune banche, pur in presenza di operatività e tipologia di indebitamento analoghi a quelli medi del settore, sono state in grado di evitare o limitare fortemente le perdite grazie alla efficacia e alla prontezza con le quali hanno affrontato il momento di difficoltà del mercato.
Ci sono degli elementi essenziali senza i quali il piano non può essere definito strategico, ma rischi di essere una generica affermazione di intenzioni, se non di auspici, della direzione.
Ricordiamoci che il piano è strategico se è fondato su obiettivi ultimi (strategici) valutabili e misurabili in termini di mezzi necessari per conseguirli. Se non si hanno obiettivi espliciti, accompagnati da indicatori, e un sistema di monitoraggio, non si può avere nessuna valutazione dei risultati, quindi neppure un Management orientato ai risultati!
Non ci sono soluzioni meccaniche ai problemi o sfide delle organizzazioni. Ogni piano strategico (o industriale) deve essere come un guanto alla mano, perfettamente aderente alle specificità dell’organizzazione che lo deve “indossare”. Il grado di approfondimento e di specificazione nel lavoro di formulazione delle strategie, di formulazione del piano e di gestione e valutazione dello stesso, può variare in ragione della semplicità o complessità delle organizzazioni con le quali si ha a che fare. Ciò che non si deve dimenticare è che c’è una tecnica ed una metodologia della pianificazione strategica, con le sue regole, che prescindono dai decisori. L’importante dal punto di vista tecnico della pianificazione è che, quali che siano le decisioni che vengono prese e quale che sia la struttura politica che riesce a prenderle, esse siano prese col grado maggiore di consapevolezza dei loro effetti.
L’arte, dunque, di prendere decisioni razionali, con agilità e tempestività.