06 Marzo 2017
L’arte di prendere decisioni (razionali). Parte prima
Un giorno Alice arrivò ad un bivio sulla strada e vide lo Stregatto sull’albero. – “Che strada devo prendere?” chiese. La risposta fu una domanda: – “Dove vuoi andare?”. – “Non lo so”, rispose Alice. – “Allora, – disse lo Stregatto – non ha importanza”. (Lewis Carroll, Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie)
Responsabilità e compiti del Board e del Management sono oggi messi a dura prova. Essere un buon consigliere ed un buon manager è diventato oggettivamente faticoso a fronte di una complessità crescente ed in repentina evoluzione.
I problemi strategici (e pertanto le scelte o sfide strategiche) che si trovano a dover affrontare oggi sono molteplici: la sostenibilità di un percorso di trasformazione istituzionale, il posizionamento geografico, la diversificazione delle attività e dei servizi offerti, la trasformazione del modello di business tradizionale verso un business model sostenibile. Tutto questo, si deve coniugare, ancor di più per gli intermediari del mercato finanziario soggetti a vigilanza, con il rafforzamento del patrimonio, un’adeguata prudenza legata al risk appetite, la crescita della “redditività al netto del rischio”. Infatti, se l’obiettivo finale per l’organizzazione è creare valore, non bisogna dimenticare che il rischio può rappresentare un ostacolo al raggiungimento degli obiettivi predefiniti, depauperando il valore stesso. Come scrisse Peter Druker, “nella vita ci sono rischi che non possiamo permetterci di correre e ci sono rischi che non possiamo permetterci di non correre”. Basta conoscerli e decidere in maniera razionale e consapevole.
La chiave del successo (o sopravvivenza!) si gioca sul terreno dell’innovazione strategica, manageriale ed operativa: adozione di nuovi business model, nuovi modi di “fare impresa”, un’innovazione che prende di mira i processi stessi di governo e management dell’organizzazione. La vera sfida è data dalla capacità di interpretare correttamente lo scenario esterno e di pianificare e tradurre in azioni le proprie strategie aziendali, tramutando i problemi strategici in sfide che portino ad un positivo cambiamento, di ridefinizione dell’identità organizzativa, di sviluppo e di creazione di valore.
Si parla spesso di piano industriale (o strategico o business plan) e meno (o quasi mai) di pianificazione strategica, ossia del processo che porta alla sua costruzione e ne permette la gestione ed attuazione.
Si ricordi che generalmente viene utilizzato il termine piano industriale in relazione ad una realtà aziendale già esistente o a sue specifiche aree di affari (e le ragioni della sua costruzione sono legate a particolari situazioni: risanamento o ristrutturazione aziendali; ampliamento dell’attività in corso; aumento di capitale sociale; quotazione in Borsa, ecc.). Ad es., riguardo al piano industriale, Borsa Italiana ha pubblicato una <<guida al piano industriale>>, intendendo con industriale sinonimo di decisioni di business o di strategia competitiva, piano distinto dal piano <<finanziario>>. Mentre, viene utilizzato il termine business plan in relazione ad un nuova iniziativa imprenditoriale, una start up (oltre ad essere un documento che consente di delineare l’idea progettuale, di valutarne la fattibilità commerciale, economica e finanziaria ha lo scopo di reperire risorse finanziarie attraverso finanziamenti, agevolazioni e incentivi). Quale che sia l’etichetta associata al piano, non cambia il metodo e l’approccio per la sua costruzione aderente alla realtà organizzativa alla quale si riferisce e rispondente agli obiettivi finali e scopo dell’organizzazione nel momento in cui è redatto (da qui l’utilizzo del temine “strategico”).
Ciò precisato, la vera innovazione è nel processo. E’ il processo che supporta il Board ed il Management nella guida e gestione corrente dell’organizzazione. Il piano (strategico, industriale o in qualsiasi modo si chiami), seppur indispensabile per tracciare la road map e guidare l’impegno di tutti nell’organizzazione, rimane una bellissima e scenografica dichiarazione di intenti se non viene gestito e realizzato.
Quali metodi e strumenti, dunque, hanno a disposizione Board e manager per gestire questa complessità, orientare al meglio le scelte dell’organizzazione e realizzare una difficile, ma necessaria, metamorfosi organizzativa?
La pianificazione strategica risponde alle domande: come si costruisce un piano di qualità? E come si attua?
L’identificazione dei problemi strategici e delle sfide alle quali è sottoposta l’organizzazione è il cuore del processo della pianificazione strategica e richiede al Board ed al Management la massima concentrazione. Praticamente ogni problema strategico (o sfida) pone davanti le seguenti domande: che cosa si farà, perché lo si farà, come lo si farà, quando lo si farà, dove lo si farà, chi lo farà, chi se ne avvantaggerà e chi ne sarà sfavorito.