10 Ottobre 2016

Il contratto di conto corrente e la natura delle rimesse
La sentenza in commento, emessa dalla prima sezione della Corte di Cassazione, riguarda il tema dell’applicabilità dell’articolo 1194 c.c. al contratto di conto corrente bancario. Come noto, l’articolo in parola espressamente stabilisce: “Il debitore non può imputare il pagamento al capitale, piuttosto che agli interessi e alle spese, senza il consenso del debitore. Il pagamento fatto in conto di capitale ed interessi, deve essere imputato prima agli interessi”. Si tratta quindi della regola d’imputazione nei pagamenti non estintivi dell’intero debito: il criterio legale individuato dalla norma, posta ad evidente tutela dei creditori, afferma che il pagamento debba essere imputato ad interessi e poi a capitale, salvo che il creditore non acconsenta a che tale ordine venga invertito
La questione riguarda il decreto ingiuntivo che una banca otteneva dal Tribunale di Catania nei confronti di una società e dei suoi fideiussori, per il pagamento della commissione di massimo scoperto e per la capitalizzazione trimestrale, a far data dal 1 aprile 1994 fino al soddisfo, quale saldo passivo di un conto corrente bancario intestato alla società, per complessive lire 464.392.304, oltre interessi convenzionali. La Società proponeva opposizione a detto decreto ingiuntivo ed il Tribunale di Catania lo revocava, condannando gli opponenti al pagamento di una somma a titolo di interessi legali e negando la capitalizzazione degli interessi e l’applicazione del tasso convenzionale, e riconoscendo la sola commissione di massimo scoperto con cadenza trimestrale. Successivamente la banca proponeva appello avverso detta sentenza ma la Corte di Appello di Catania respingeva le domande della banca, condannandola alle spese di entrambi i gradi in giudizio, decidendo per la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi sui saldi del conto corrente e per dovuta, per espressa previsione pattizia, la commissione di massimo scoperto, ma non con le modalità della capitalizzazione trimestrale come operato dal Tribunale. Ma ciò che maggiormente rileva nella sentenza della Corte di Appello di Catania è stato l’aver ritenuto non applicabile ai versamenti il criterio di imputazione di cui all’art. 1194 c.c., costituendo le rimesse sul conto non pagamenti ma registrazioni contabili, aventi la funzione non di estinguere l’obbligazione debitoria, ma, nell’ambito del rapporto del conto corrente di corrispondenza, il diverso effetto di modificare la quantità di moneta di cui il correntista può disporre in qualsiasi momento, ex art.1852 c.c., versandosi nel caso opposto a quello previsto dall’art.1194 c.c., visto che è la banca che provvede all’imputazione della rimessa in conto capitale, addebitando poi gli interessi scalari in sede di chiusura periodica del conto.
La banca decideva di proporre ricorso innanzi alla Corte di Cassazione.
La Suprema Corte, dopo aver ricostruito l’iter della vicenda, ha analizzato il primo motivo di ricorso presentato dalla banca, la quale ha ritenuto sussistere la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1194 c.c., sostenendo che ogni rimessa deve essere imputata prima agli interessi e poi al capitale, ex art.1194 c.c., applicabile ad ogni credito di valuta e quindi ad ogni rimessa.
La Corte ha invece valutato non fondato detto motivo di ricorso in quanto l’art. 1194 c.c. “che detta il principio, secondo il quale ogni pagamento deve essere imputato prima agli interessi e successivamente agli interessi, salvo il diverso accordo con il creditore, postula che il credito sia liquido ed esigibile, dato che questo, per la sua natura, produce gli interessi, ex art. 1282 c.c”. La Corte ha poi richiamato alcune sentenze sul tema, che affermano che la disposizione dell’art. 1194 c.c. presuppone che tanto il credito per il capitale quanto quello, accessorio per gli interessi e le spese, siano simultaneamente liquidi ed esigibili, rilevando che “le operazioni di prelievo e versamento, all’interno dell’unitaria struttura del rapporto di conto corrente bancario, non configurano distinti ed autonomi rapporti di debito e credito reciproci tra banca e cliente, in relazione ai quali, nel corso dello svolgimento del rapporto, si possa configurare un credito della banca a fronte del quale il pagamento del cliente debba essere imputato in conto interessi”. La Corte ha poi ricordato la sentenza delle S.U. 24418/2010, la quale ha rilevato che, se al conto accede l’apertura di credito bancario ex artt.1842 e ss., e se il correntista, durante lo svolgimento del rapporto, ha effettuato non solo prelevamenti, ma anche versamenti, questi potranno essere considerati alla stregua di pagamenti, ove si tratti di versamenti su conto cd. scoperto, quando cioè siano destinati a coprire un passivo eccedente i limiti dell’accreditamento (o su conto in passivo a cui non acceda l’apertura di credito), mentre negli altri casi nei quali il passivo non superi l’affidamento, i versamenti fungono da atti ripristinatori della provvista di cui il correntista può ancora godere.
La simultanea ricorrenza dell’esigibilità e liquidità di capitale ed interessi, secondo la Corte di Cassazione, può ritenersi per il credito che superi il fido e per i relativi interessi, rimanendo differita tale simultaneità per il credito entro il fido al saldo di chiusura del rapporto e dell’apertura di credito: poiché la banca ha richiamato tale tesi, e la relativa giurisprudenza, ritenendola applicabile nel caso, parlando di conto corrente affidato, la Corte di Cassazione ha osservato che si tratta di questione di fatto che non risulta dalla sentenza impugnata, né la ricorrente ha indicato quando e con quale atto avesse fatto valere detta circostanza nel giudizio di merito e, conseguentemente, che si tratta di introduzione di un fatto nuovo, del tutto inammissibile in tale fase di giudizio.
Circa la commissione di massimo scoperto, riguardante il secondo motivo di ricorso per mancato riconoscimento della stessa, la Corte ha osservato che La Corte d’Appello, ha riconosciuto la debenza della commissione di massimo scoperto, specificamente pattuita, ma ha ritenuto nulla la capitalizzazione trimestrale, richiamando la giurisprudenza di legittimità che vieta la capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi bancari, nonché l’inapplicabilità della disciplina dell’anatocismo fuori dal caso di cui all’art. 1283 c.c.
La Corte di Cassazione infine, ritenuto assorbito il terzo motivo di ricorso dal rigetto dei primi due, ha respinto il ricorso della banca, condannandola al pagamento delle spese di giudizio.
La sentenza delle S.U n.24418/2010 ha rilevato che, se al conto corrente accede l’apertura di credito bancario, i versamenti effettuati durante lo svolgimento del rapporto potranno essere considerati alla stregua di pagamenti quando siano destinati a coprire un passivo eccedente i limiti dell’accreditamento, mentre negli altri casi i versamenti fungono da atti ripristinatori della provvista.
Poiché la disposizione dell’art.1194 c.c. presuppone che tanto il credito per il capitale quanto quello per gli interessi e le spese siano simultaneamente liquidi ed esigibili, può ritenersi la simultanea ricorrenza dell’esigibilità e liquidità di capitale ed interessi per il credito che superi il fido e per i relativi interessi, rimanendo differita tale simultaneità per il credito entro il fido al saldo di chiusura del rapporto e dell’apertura di credito. (Chiara Bosi) (riproduzione riservata)
La disposizione dell’art. 1194 cod. civ. secondo la quale il debitore non può imputare il pagamento al capitale piuttosto che agli interessi o alle spese senza il consenso del creditore, presuppone che tanto il credito per il capitale quanto quello, accessorio per gli interessi e le spese, siano simultaneamente liquidi ed esigibili; Nei contratti di conto corrente la simultanea ricorrenza dell’esigibilità e liquidità di capitale ed interessi per il credito che superi il fido e per i relativi interessi, rimanendo differita tale simultaneità per il credito entro il fido al saldo di chiusura del rapporto e dell’apertura di credito