03 Giugno 2015

I Confidi minori ed i presidi antiriciclaggio

I Confidi minori ed i presidi antiriciclaggio

Anche i Confidi minori o c.d. di secondo grado devono realizzare nella propria struttura idonei presidi e procedure  volte a prevenire fenomeni di riciclaggio, pena l’applicazione di Sanzioni.

Il 4 settembre 2010 veniva pubblicato il Decreto legislativo 13 agosto 2010 n. 141, attuativo della Direttiva comunitaria n. 48/2008 con cui, tra l’altro, si prevedeva l’istituzione di un nuovo elenco dei confidi, anche di secondo grado, che esercitano in via esclusiva l’attività di garanzia collettiva dei fidi, tenuto da un apposito organismo.

Ricordando che ai confidi già iscritti ai sensi dell’art. 155, comma 4, è precluso l’esercizio di prestazioni di garanzie diverse da quelle oggi indicate nell’articolo 122, ed in attesa della definitiva attuazione della riforma, ad oggi risulta necessario rispondere ad un interrogativo: a tali intermediari si applicano norme e presidi relativi alla disciplina antiriciclaggio contenuta nel decreto legislativo 231 del 2007?

La risposta al quesito deve essere necessariamente positiva!  Più volte infatti Banca d’Italia ha precisato che a tutti i confidi si applicano gli obblighi antiriciclaggio di identificazione della clientela, di registrazione delle operazioni e di segnalazione delle operazioni sospette; detti intermediari altresì saranno tenuti all’osservanza delle disposizioni sulla trasparenza delle operazioni bancarie e finanziarie previste nelle sezioni da I a VII e nella sezione X del Provvedimento della Banca d’Italia del 29 luglio 2009 in materia di pubblicità e informazione precontrattuale, forma, contenuto minimo dei contratti, comunicazioni alla clientela, tecniche di comunicazione a distanza, servizi di pagamento, credito ai consumatori e requisiti organizzativi per la gestione dei reclami.

Dunque anche i confidi c.d. minori dovranno rispettare la disciplina sull’adeguata verifica della clientela, dovranno procedere alla registrazione delle operazioni ed effettuare una segnalazione di operazione sospetta (c.d. S.O.S), ogni qual volta abbiano certezza, sospetto o solo ragionevoli motivi di sospettare che un cliente-associato abbia compiuto, stia compiendo ovvero stia tentando di compiere operazioni riconducibili al concetto di riciclaggio, nella sua definizione contenuta nel decreto 231/07.

Tuttavia, bisogna ancora precisare come a tali confidi non si debbano applicare solo le disposizioni contenute nel decreto antiriciclaggio, bensì anche e specialmente le disposizioni contenute nei provvedimenti emanati nel corso del tempo da Banca d’Italia, attuativi degli obblighi contenuti nella legge.

Ci riferiamo in particolare sia al provvedimento Banca d’Italia del 10 marzo 2011, recante disposizioni attuative in materia di organizzazione, procedure e controlli interni, volti a prevenire l’utilizzo degli intermediari e degli altri soggetti che svolgono attività finanziaria a fini di riciclaggi e finanziamento al terrorismo, sia al più recente provvedimento del 3 aprile 2013, recante disposizioni attuative in materia di adeguata verifica della clientela.

Brevemente, vogliamo ricordare come entrambi i provvedimenti siano atti con cui Banca d’Italia imponga agli intermediari una precisa attività riorganizzativa interna, volta a garantire che le procedure adottate dall’intermediario, siano esse organizzative che inerenti al processo commerciale, siano idonee a prevenire eventuali attività di riciclaggio.

Mentre il primo provvedimento obbliga gli intermediari ad istituire una funzione antiriciclaggio con nomina di un responsabile e di un delegato alla segnalazione, il secondo provvedimento impone agli i intermediari di realizzare procedure interne tali da garantire una corretta esecuzione dell’adeguata verifica della clientela, sulla base di nuovi principi e regole.

Certamente, è bene precisare, entrambi i provvedimenti si basano sul c.d. principio di proporzionalità, dovendo dunque essere attuati in maniera differente a seconda dell’ampiezza e dell’attività svolta dall’intermediario, ma in maniera altrettanto certa, detti provvedimenti debbono essere attuati.

Ciò lo si afferma non solo a seguito della approfondita lettura ed analisi dei provvedimenti, ma anche e specialmente a seguito della valutazione dei contenuti di alcuni verbali di contestazione dei nuclei di polizia tributaria elevati nei confronti di Confidi già ex art. 155, comma 4 T.U.B., ove testualmente si legge come rilievo:

“violazione in materia di organizzazione, procedure e controlli interni volti a prevenire l’utilizzo degli intermediari e degli altri soggetti che svolgono attività finanziaria ai fini di riciclaggio, in relazione al provvedimento di Banca d’Italia del 10 marzo 2011”.

Se già dai rilievi preliminari della Polizia Tributaria emerge il chiaro riferimento al provvedimento organizzativo istitutivo della funzione antiriciclaggio del marzo 2011, applicabile dunque anche ai Confidi minori, nel merito delle contestazioni si legge:

“…Il confidi avrebbe dovuto adottare i presidi organizzativi minimali richiesti dalla normativa antiriciclaggio, basati sulla costituzione della c.d. funzione antiriciclaggio, con nomina del relativo responsabile e formalizzare l’attribuzione della responsabilità per le segnalazioni di operazioni sospette”.

Ulteriori rilievi evidenziati nei verbali di contestazione, riguardano “…violazioni in materia di formazione del personale, in relazione al provvedimento di Banca d’Italia del marzo 2011…”.

In base a detto rilievo, ed entrando nel merito della contestazione si legge ancora “…il confidi non solo non ha emanato procedure interne in favore del personale dipendente volte alla collaborazione attiva ed alla continuativa analisi dell’operatività della clientela… ma non ha altresì responsabilizzato il personale dipendente, definendo ruoli, compiti, responsabilità e procedure volte a garantire il rispetto degli obblighi di adeguata verifica della clientela, né risulta aver predisposto alcun piano di formazione professionale per l’istruzione ed aggiornamento su base continuativa.”

La conclusione a cui si deve pervenire allora è la seguente: su tutti i Confidi, anche quelli c.d. minori, incombe un obbligo di adeguata riorganizzazione interna volta a garantire il rispetto dei presidi antiriciclaggio: da ciò si evince la necessità di realizzare un modello regolamentare interno che contenga, per compiti, funzioni e responsabilità, procedure tali da garantire una corretta attività di prevenzione del rischio legale e reputazionale antiriciclaggio.

Pena l’emanazione di pesanti sanzioni amministrative.