24 Novembre 2016

Debiti: l’accordo con i creditori ed il piano del consumatore

Debiti: l’accordo con i creditori ed il piano del consumatore

La legge del 27 gennaio 2012 n. 3, successivamente modificata dal decreto legge del 18 Ottobre 2012, n.179, convertito in legge 221/2012, ha inteso introdurre un nuovo meccanismo di estinzione delle obbligazioni del soggetto sovra indebitato, anche nell’ottica di perseguire la riduzione del contenzioso civile in materia di recupero crediti, sulla scia della mutata politica della gestione della crisi di impresa, con il passaggio da un sistema afflittivo ad uno che si pone come fine il recupero dell’impresa.

Lo scopo principale di detta normativa è quello di offrire un rimedio a tutti quei soggetti che si trovano in stato di “sovraindebitamento” e cioè in “una situazione di definitiva incapacità del debitore di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni” (art. 6 comma 2 legge 3/2012), e che non possono accedere alle procedure concorsuali previste dalla normativa fallimentare (le piccole imprese, le società artigiane, il consumatore, ecc.), per ridimensionare i debiti accumulati e riacquistare un ruolo attivo nell’economia, senza dover essere costretti a far ricorso al prestito usuraio.

Per attivare il predetto rimedio, la legge n. 3/2012 prevede le procedure di composizione della crisi   quali l’accordo con i creditori ed il piano del consumatore (oltre alla liquidazione dei beni). Ed infatti l’art. 7 della citata legge prevede che il debitore proponga ai creditori, con l’ausilio degli organismi di composizione della crisi (O.C.C.), un accordo concernente la ristrutturazione dei debiti, che deve essere depositato presso il competente Tribunale per la nomina del gestore della crisi. In base all’ 15 della legge 3/2012,  è previsto che alcuni organismi siano iscritti di diritto nell’apposito registro: si tratta degli organismi di conciliazione costituiti presso le camere di commercio, il segretariato sociale costituito ai sensi della legge n. 328/2000 e gli ordini professionali degli avvocati, dei commercialisti ed esperti contabili e dei notai.

I soggetti che possono accedere a dette procedure sono il “debitore” e, successivamente alle introdotte modifiche del testo legislativo, il “consumatore”: quest’ultimo, come indicato al comma 2 dell’art. 6, è il “il debitore persona fisica che ha assunto obbligazioni prevalentemente per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta.”. Poiché nella generale categoria dei “debitori” potrebbero essere ricompresi anche i “consumatori”, e quindi potevano generarsi confusione e difficoltà interpretative, la legge in esame, oltre a fornire la definizione del consumatore sopra riportata, all’art. 7 ha debitamente specificato che il debitore può concludere un accordo con i creditori mentre il consumatore può anche proporre un piano. E appunto l’art. 8, primo comma, della legge 3/2012 prevede che “la proposta di accordo o di piano del consumatore prevede la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma”.

Pertanto il debitore, che ha tra le passività del proprio patrimonio obbligazioni inadempiute derivanti da attività di impresa, deve essere considerato “debitore”, mentre è inquadrabile nella figura del consumatore il soggetto parte passiva di obbligazioni non derivanti da attività imprenditoriali o professionali.

La principale differenza tra queste due procedure è che l’accordo con i creditori può essere richiesto da tutti i soggetti non fallibili, sia per debiti legati all’attività professionale o di impresa sia per debiti ad essa estranei; il piano del consumatore, invece, è riservato – come indica la stessa definizione – al “consumatore“, ossia a colui che ha contratto debiti esclusivamente per scopi estranei all’attività professionale o imprenditoriale. A tal proposito si ricorda che per soggetti non fallibili si intendono gli imprenditori di cui all’art. 1 della legge fallimentare, che non sono sottoposti alle disposizioni sul concordato preventivo e sul fallimento, se dimostrano di avere il possesso congiunto di tre requisiti, e cioè aver avuto, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di fallimento o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore, un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro trecentomila e ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila, oltre ad  avere un ammontare di debiti, anche non scaduti, non superiore ad euro cinquecentomila.

Una ulteriore differenza tra i due tipi di procedure, in base alla quale il piano del consumatore può risultare più vantaggioso, è che quest’ultimo non è subordinato al consenso dei creditori, essendo il Tribunale competente a decidere se il consumatore-debitore è meritevole o meno di accedere a questa procedura, valutando se il consumatore “ha assunto obbligazioni senza la ragionevole consapevolezza di poterle adempiere, oppure se la situazione do sovraindebitamento è stata causata anche dal colposo comportamento del consumatore, anche per mezzo di un ricorso al credito non proporzionato alle proprie capacità patrimoniali” (art. 12-bis). Al contrario, l’accordo con i creditori necessita del consenso di tanti creditori che rappresentino almeno il 60% dei crediti stessi (art. 11, comma 2).

Quindi perché vi sia l’omologazione dell’accordo con i creditori o del piano del consumatore da parte del Tribunale, è necessaria, nel primo caso, una maggioranza di creditori che vota una proposta e che, intervenuta l’omologazione, diviene obbligatoria per tutti i creditori anteriori alla pubblicità del decreto di fissazione udienza (art. 12, terzo comma) mentre, nel secondo caso, non vi è un consenso da parte dei creditori, ma solo un controllo del giudice che, in sede di omologa, accerta – tra gli altri – i requisiti previsti dal menzionato art. 12 bis, terzo comma. 

Pertanto quando il debitore, in possesso dei requisiti per proporre l’accordo di composizione della crisi, riveste anche la qualità di consumatore ha la facoltà di scegliere se proporre al giudice un piano di risanamento dei suoi debiti, anziché ricorrere all’accordo con i propri creditori, derivandone che, il piano del consumatore è soggetto ad una disciplina analoga a quella dell’accordo del debitore. L’art. 7  comma 1 – bis prevede infatti che, fermo il diritto di proporre ai creditori un accordo, il consumatore in stato di sovraindebitamento può proporre, con l’ausilio degli organismi di composizione della crisi, un piano contenente le previsioni di cui al comma 1, che indica il contenuto del piano oggetto dell’accordo del debitore. Il piano del consumatore ha conseguentemente ad oggetto gli stessi elementi prescritti per l’accordo del debitore, in quanto viene operato un rinvio alle previsioni relative all’accordo di ristrutturazione dei debiti, con la differenza che non ha carattere negoziale come l’accordo con i creditori, come si è evidenziato in precedenza.

A conclusione di questo  breve excursus sulle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento previste dalla legge 3/2012, al cui testo si rimanda per un maggior approfondimento soprattutto per quanto riguarda i contenuti del piano e dell’accordo, i documenti che devono essere prodotti dal debitore ed i debiti ammessi, può dirsi in generale che il debitore, deve essere esclusivamente una persona fisica, ossia un consumatore, una microimpresa o non deve essere assoggettabile a procedure concorsuali, dovendosi trovare in una situazione di perdurante squilibrio tra obbligazioni assunte e patrimonio prontamente liquidabile, nonché in una definitiva incapacità di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni. Tutte le attività indicate nella legge, da quelle  del giudice  a quelle del debitore, oltre al  ruolo delle parti ed ai termini, sono sottoposte ad un’articolata e completa procedura nei vari articoli della legge al fine di garantire una corretta instaurazione del contraddittorio. Un aspetto di sicura incidenza sulla posizione del debitore in difficoltà è costituito dalla possibilità di sospensione di ogni azione individuale esecutiva da iniziarsi o già in corso, potendo il giudice disporre che, per non oltre centoventi giorni, non possono, sotto pena di nullità, essere iniziate o proseguite azioni esecutive individuali, nè disposti sequestri conservativi, né acquistati diritti di prelazione sul patrimonio del debitore che ha presentato la proposta di accordo, da parte dei creditori aventi titolo o causa anteriore.

Anche se alcuni commentatori hanno individuato delle incoerenze nella legge n. 3/2012 come, ad esempio, il fatto che l’imprenditore agricolo può ricorrere alla procedura di “accordo”, mentre la start-up innovativa può far ricorso alle procedure concorsuali previste dalla legge medesima, tra le quali quella di accordo e quella di “piano”, pur essendo previsto il ricorso al piano solo per chi ha obbligazioni estranee alla propria attività professionale o imprenditoriale (derivandone che imprenditore agricolo e start-up innovativa dovrebbero avere entrambi accesso al solo accordo),  può comunque affermarsi che la legge costituisce un buon impianto normativo per garantire, da un lato, il debitore corretto ed in difficoltà dal rischio di perdere tutto e, dall’altro, i creditori insoddisfatti di ottenere il pagamento in termini sicuri, evitando i tempi e le incertezze della procedura esecutiva ordinaria.