03 Giugno 2015

Credito: operazioni salvo buon fine

Credito: operazioni salvo buon fine

Operazioni bancarie “salvo buon fine” ed obbligo di concessione del credito: ABF Collegio di Milano Decisione N. 3640 del 08 luglio 2013.

Il rifiuto della banca di accettare i titoli presentati dal cliente, se previsto contrattualmente, non costituisce condotta arbitraria e/o contraria a buona fede posto che l’affidamento salvo buon fine non può essere equiparato all’apertura di credito in conto corrente e non comporta, dunque, alcun obbligo per l’intermediario di mettere a disposizione del cliente somme determinate.

Il collegio dell’ABF di Milano, attraverso una pronuncia del luglio 2013, è tornato sulla tematica dell’affidamento per smobilizzo di portafoglio salvo buon fine, ovverosia la concessione di un finanziamento sotto forma di sconto o cessione di un credito che il cliente della banca vanta nei confronti di un debitore, con l’obbligo, per il cedente, di rimborsare la somma oggetto della cessione dei titoli, qualora questi risultassero inesigibili (clausola di salvo buon fine).

Il caso sottoposto all’attenzione del Collegio di Milano imponeva di valutare la condotta dell’intermediario che aveva rifiutato di accettare i titoli presentati dal cliente, non autorizzando conseguentemente la concessione del credito – e per giunta, non aveva prorogato i fidi bancari precedentemente concessi, recedendo dal contratto di conto corrente – stante l’irregolare andamento della gestione delle linee di credito aperte dall’istante e l’alta percentuale di insoluti registrati.

Nello specifico, un’impresa commerciale si rivolgeva alla propria banca con cui intratteneva un rapporto di conto corrente assistito da affidamenti ad uso promiscuo e per elasticità di cassa, lamentando la mancata accettazione da parte dell’intermediario di “due distinte SBF”, non comunicato formalmente ed in assenza di valida giustificazione: condotta che aveva determinato gravi ripercussioni sull’attività aziendale, giunta “al limite del fallimento”, con pregiudizi morali ed economici di cui si richiedeva il risarcimento per complessivi Euro 100.000,00.

La banca presentava le proprie difese rilevando che la descritta negazione era stata portata a conoscenza del cliente sia “per le vie brevi” che attraverso specifica comunicazione e che, in ogni caso, fosse suo precipuo diritto rifiutate l’accettazione dei titoli e degli effetti presentati dall’impresa, come, del resto, pacificamente previsto contrattualmente.

Precisava infine l’intermediario di aver receduto successivamente dal contratto di conto corrente posto in essere con la ricorrente, a causa dell’irregolare gestione delle linee di credito concesse all’impresa, sebbene i pregressi costanti avvertimenti.

Nel dirimere la controversia, il Collegio ha osservato come l’indagine sulla condotta tenuta dalla banca non dovesse esser limitata esclusivamente alla mancata accettazione delle distinte SBF, ma dovesse estendersi necessariamente a tutti i provvedimenti disposti dall’intermediario, compresa la negata proroga degli affidamenti e la conseguente chiusura del conto corrente.

Con riferimento alla prima questione, il Collegio di Milano, esaminando tutta la documentazione prodotta in atti, con evidente attenzione ai contratti di affidamento ad uso promiscuo e per elasticità di cassa, ha sottolineato come i medesimi documenti contenessero clausole, specificamente approvate per iscritto dal cliente, legittimanti l’intermediario a rifiutare gli effetti presentati dalla ricorrente.

Sulla base di tali dati documentali, il Collegio adìto, richiamando il proprio precedente n. 1119 dell’ottobre 2010, ha ricordato che le operazioni bancarie connesse a titoli salvo buon fine non possono in alcun modo esser equiparate agli ordinari contratti di apertura di credito in conto corrente, atteso che non comportano alcun obbligo diretto per la banca di mettere a disposizione del cliente una determinata somma, immediatamente utilizzabile dal correntista.

Ed infatti, come rilevato molte volte dalla Cassazione (Cass. Civ. Sez. I, sentenza n. 3546/99), le anticipazioni bancarie s.b.f. “non attribuiscono al cliente la facoltà di disporre immediatamente di una somma di denaro, ma impegnano la banca ad accettare per lo sconto, entro un ammontare predeterminato, i titoli, gli effetti o le ricevute bancarie che l’affidatario presenterà. Sicché, in quest’ipotesi, ancorché il “castelletto” sia regolato in conto corrente, il fido non rappresenta (diversamente dall’apertura di credito) l’ammontare delle somme di cui il correntista può disporre (le quali saranno costituite e determinate, invece, solo dagli accreditamenti in concreto effettuati a seguito delle singole operazioni di sconto) bensì il limite entro il quale la banca è tenuta ad accettare i titoli, gli effetti o le ricevute bancarie presentati dal cliente”.

Da questi principi generali enunciati dalla Suprema Corte, il Collegio ha precisato tuttavia che nell’ipotesi di affidamento per smobilizzo di portafoglio s.b.f., l’obbligo per la banca di accettare, per l’anticipo salvo buon fine, gli effetti presentati dal correntista debba esser valutato “in relazione al concreto accordo stipulato dalle parti” che nel caso di specie contemplava pacificamente il rifiuto da parte dell’intermediario di accettare i titoli in questione.

Sotto questo profilo ne è disceso allora che l’esercizio di tale diritto contrattualmente previsto, non potesse in alcun modo configurare una condotta illegittima da parte dell’intermediario, considerata, inoltre, l’alta percentuale di insoluti posti in essere dai debitori cui si riferivano le distinte prodotte dalla ricorrente nonché gli sconfinamenti della stessa registrati presso la Centrale Rischi.

L’analisi della documentazione prodotta dalla banca ha dimostrato, peraltro, che l’impresa fosse stata concretamente messa al corrente del descritto rifiuto, non potendo rilevare dunque, l’asserita assenza di comunicazione.

Infine, con riferimento al secondo interrogativo circa la mancata proroga delle linee di credito e della successiva chiusura del conto corrente, il Collegio Arbitrale ha ulteriormente puntualizzato che anche tali decisioni dell’intermediario non potesse costituire una condotta arbitraria o contraria a buona fede, laddove, in generale, non sussiste alcun obbligo per le banche di concedere tali proroghe, stante la legittima facoltà di verifica del merito creditizio prevista ex lege.

Per tali motivi, il Collegio ha respinto la domanda dell’impresa, ribadendo il principio secondo cui le operazioni bancarie connesse a titoli s.b.f. non rappresentano ipotesi di ordinarie aperture di credito e dunque, non comportano alcun obbligo per la banca di mettere a disposizione del correntista una predeterminata somma al fine di poterne fare immediato utilizzo, contemplando esclusivamente l’impegno, non già l’obbligo, dell’intermediario di accettare i titoli e gli effetti presentati dal cliente per l’anticipo salvo buon fine, nei limiti di quanto previsto contrattualmente.