05 Novembre 2015
Consigliere in CDA: essere o non essere?
Negli ultimi 15 anni il Legislatore e gli Organi di Vigilanza, si sono dati un gran d’affare per la ristrutturazione dell’intero comparto degli Intermediari Finanziari, riportandoli, più o meno, ad un’unica normativa che varia a seconda dell’intermediario, non nei principi ma nella proporzionalità degli interventi,
l’obiettivo di tutto questo è di “bonificare” il comparto, dare delle regole certe a tutela del mercato e del consumatore. Un punto sostanziale della riorganizzazione è il principio della…”sana e prudente gestione” dell’Intermediario.
La sana e prudente gestione passa anche (e direi soprattutto) attraverso il ruolo strategico dei consiglieri i quali, oggi non sono più figuranti di CDA “convocati tanto per” ma devono assumere quel ruolo attivo che in realtà ha sempre ispirato la governance nell’intenzione del legislatore ma che di fatto non ha trovato un reale campo di applicazione. Ciò è quanto mai vero con le recenti normative primarie e secondarie ove la professionalità, quale requisito richiesto ai membri di un CDA ha un significato ampio e sostanziale; tant’è che il legislatore oltre a richiedere i requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza, chiede anche una conoscenza del business dell’Intermediario e la dedica da parte del Consigliere di tempo e risorse.
Non si tratta infatti di “essere” amministratore, si tratta di “fare” l’amministratore ossia di avere consapevolezza delle responsabilità e dei doveri inerenti alle funzioni svolte e dei rischi che un tale ruolo comporta. Si tratta di possedere realmente professionalità e competenze diffuse, opportunamente diversificate all’interno del Consiglio di Amministrazione ove si è chiamati “non a stare, ma ad operare”.
E l’attenzione a questo dato è talmente importante che la normativa si preoccupa di precisare come l’attenzione vada posta su tutti i componenti, ivi compresi quelli non esecutivi perché compartecipi delle decisioni assunte dall’intero consiglio e chiamati a svolgere un’importante funzione dialettica e di monitoraggio sulle scelte compiute dagli esponenti esecutivi. Per non parlare poi dei consiglieri indipendenti – oggi obbligatori – nei Consiglio di Amministrazione per almeno ¼ dei componenti.
Gli organi di supervisione e gestione degli intermediari devono imparare ad individuare una propria composizione quali-quantitativa ideale tenendo conto che l’autorevolezza e la professionalità degli aspiranti consiglieri deve essere adeguata ai compiti che gli amministratori sono chiamati a svolgere nell’ambito dei predetti organi, e magari analizzare anche il profilo della distribuzione della seniority dei Consiglieri, la provenienza, il genere, prendendo in considerazione un valore quale quello della diversificazione: anagrafica, geografica, di genere.
Dunque in un epoca in cui operare nel mondo del credito è sempre più sinonimo di professionalità e soprattutto di competenza non c’è spazio per questioni di politica, associazionismo, conoscenze o simpatie, la consapevolezza è d’obbligo, il rischio concreto, la competenza assoluta.
In un unico concetto: la prudenza mai troppa.