25 Giugno 2017

CIV TRA ABF E TRIBUNALI. Lo sconfinamento è davvero sostenibile?

CIV TRA ABF E TRIBUNALI. Lo sconfinamento è davvero sostenibile?

Lo sconfinamento, da accadimento eccezionale ha finito per diventare nell’attuale operatività, un modello di gestione da parte del cliente delle ( in) disponibilità sul proprio conto corrente. Considerazione poco edificante questa se si pensa che, se un cliente sconfina è perché probabilmente non utilizza un prodotto adeguato al suo profilo e non vi è una proattività da parte della banca nel suggerirne uno più adatto; vi è un antieconomicità per lo stesso laddove ogni sconfinamento comporta di per sé il pagamento di commessioni; c’è un problema sistemico nel momento in cui si ricorre ad un utilizzo scorretto, da parte dell’intermediario della famosa Commissione di Istruttoria Veloce. Famosa perché nota alla cronaca come salvatrice dai mali della Commissione di Massimo Scoperta, e portatrice del mantra dell’onnicomprensività e della misura fissa. Essa infatti abbandona l’ambizione di penalizzare il cliente per essere andato “in rosso” e si atteggia a mero indennizzo – per l’intermediario – dei costi sostenuti per porre in essere tutte le attività necessarie a rendere possibile lo sconfino. La CIV è nello specifico una commissione volta a remunerare forfettariamente l’intermediario dei costi generali che è chiamato a sostenere per le attività di verifica circa la “meritevolezza” del cliente, che viene istantaneamente affidato nel momento in cui gli viene consentito di operare oltre il fido accordato ovvero in assenza di fido.

L’ ABF ha affrontato il tema della commissione di istruttoria veloce (CIV), di cui all’art. 117-bis TUB. Precisando che la CIV non possa essere applicata dall’intermediario quando il saldo di fine giornata risulta invariato o addirittura ridotto rispetto al saldo giornaliero precedente e che la CIV non debba essere considerata una sorta di equipollente di altre commissioni, variamente denominate, diffuse prima dell’introduzione dell’art. 117-bis TUB gravando sulla banca l’onere di dimostrare di aver compiuto l’istruttoria veloce per ogni singola applicazione della CIV. Ha avuto altresì modo di chiarire che non appare inoltre giustificabile un utilizzo intensivo di tale commissione, in quanto il ricorso all’extra fido deve essere considerato eccezionale, come ne caso in cui nell’arco di un trimestre risulti essere stata applicata 26 volte.

Ma ad intervenire è anche il Tribunale di Udine, adito da una società che, nell’arco di tre anni, si è vista addebitare dalla banca sul proprio conto corrente la CIV per ben 99 volte, per un ammontare complessivo superiore ai 7.000,00 euro.

La società ha richiesto al Tribunale di voler dichiarare la nullità della clausola di istruttoria veloce, inserita con “proposta di modifica unilaterale del contratto”,  sostenendo che non è stata determinata in misura fissa, non espressa in valore assoluto e non commisurata ai costi mediamente sostenuti dall’intermediario per svolgere l’istruttoria veloce, in palese contrasto con l’art. 117 bis, comma 2 del Testo Unico Bancario che prevede: “A fronte di sconfinamenti in assenza di affidamento ovvero oltre il limite del fido, i contratti di conto corrente e di apertura di credito possono prevedere, quali unici oneri a carico del cliente, una commissione di istruttoria veloce determinata in misura fissa, espressa in valore assoluto, commisurata ai costi e un tasso di interesse debitore sull’ammontare dello sconfinamento. Le clausole che prevedono oneri diversi o non conformi rispetto a quanto stabilito nei commi 1 e 2 sono nulle. La nullità della clausola non comporta la nullità del contratto”

La banca ha sostenuto di aver regolarmente comunicato la modifica unilaterale del contratto al cliente e di averla predisposta secondo il dettato della delibera C.I.C.R. n. 644 del 30.06.2012.

Il Tribunale ha preliminarmente osservato che l’art. 117 bis del T.U.B. preveda espressamente che la commissione di istruttoria veloce sia “determinata in misura fissa” e “commisurata ai costi effettivi” sostenuti dalla banca, essendo nulle le clausole che dispongono diversamente. Ciò posto, il Tribunale ha evidenziato come la banca non abbia neppure allegato che la proposta di modifica unilaterale del contratto sia stata commisurata a detti costi effettivi (non rinvenendosi nulla in merito nella proposta stessa), ma anzi facendo riferimento “alla sostituzione di ogni eventuale forma di penale contrattualmente prevista a fronte di sconfinamento di ogni tipo”, con ciò sembrando voler assegnare alla commissione in parola una funzione diversa da quella ad essa attribuita dalla norma.

Ne consegue che la banca avrebbe dovuto provare che la suddetta commisurazione fosse stata applicata, essendo un requisito essenziale per la validità della clausola; l’affermazione che “le clausole di istruttoria veloci sono state applicate secondo le procedure interne scritte della banca”  nulla dice in merito alla determinazione delle clausole né riguarda una stima dei costi sostenuti dalla banca medesima.

La contestata frequenza di applicazione delle commissioni, a fronte della quale la banca non ha prodotto alcuna allegazione comprovante la corrispondenza di ogni addebito con effettive istruttorie svolte, confermano il fatto, secondo il Tribunale di Udine, che la banca abbia predisposto dette clausole senza alcun riferimento ai costi implicati dagli sconfinamenti della cliente.

Conseguentemente, a fonte di una situazione assolutamente chiara ed incontestabile, il Tribunale ha dichiarato la nullità della clausola contenuta nella proposta di modifica unilaterale del contratto, condannando la banca alla restituzione in favore della cliente della somma complessiva addebitata a titolo di commissioni di istruttoria veloce.