01 Maggio 2017

Anagrafica cliente: se l’imprenditore è un consumatore

Anagrafica cliente: se l’imprenditore è un consumatore

Il tema della profilatura del cliente rappresenta un punto chiave dell’applicazione della normativa di tutti gli intermediari poiché quale che sia l’ambito specifico di operatività o il livello di vigilanza a cui si è sottoposti è evidente che l’ispirazione normativa alla “proporzionalità” non è solo sinonimo di dotazione organizzativa ma anche (e soprattutto) di modulazione degli obblighi a cui si è tenuti in funzione della classificazione anagrafica del cliente.

Concetto questo che operativamente si riduce ad un esercizio di corretto inserimento nei servizi operativi all’atto del c.d. censimento della clientela, previa individuazione delle caratteristiche del soggetto che intenda approcciarsi in fase precontrattuale e/o usufruire di servizi bancari, finanziari, assicurativi, di garanzia, di mediazione, ecc.

Da tale “classificazione” della clientela derivano una serie di conseguenze sul piano operativo e sostanziale connesse alle specificità di ciascuna normativa che, dall’antiriciclaggio, all’usura, passando – ex multis – per trasparenza e privacy, prevedono appunto regole diverse in funzione della “tipologia di cliente”.

Pur essendosi ormai tutti abituati all’idea che esistano infatti diversi clienti e tra questi uno in particolare – il consumatore – richieda particolari accortezze, non si tratta di argomento assodato poiché la continua evoluzione giurisprudenziale rimescola spesso e volentieri le carte in gioco.

Come nel caso delle segnalazioni in SIC, tema anch’esso tradizionalmente ancorato al consumatore. A tal fine di rilevante interesse è una decisione del Collegio di Coordinamento dell’ABF riguardante la delicata questione dell’applicazione agli imprenditori individuali della normativa che prevede l’obbligo dell’invio della comunicazione di imminente segnalazione in un sistema di informazioni creditizie e, quindi, la sussistenza del diritto degli imprenditori persone fisiche alla ricezione del preventivo avviso di segnalazione in SIC.

Il ricorso è stato proposto innanzi il Collegio ABF di Napoli appunto da un imprenditore persona fisica (e quindi non consumatore), titolare di un prestito personale erogato da una banca, per contestare la legittimità della segnalazione dei suoi dati personali in SIC, in quanto effettuata senza preavviso, precisando che non vi era prova della ricezione del predetto preavviso e che comunque la segnalazione stessa risultava essere illegittima in quanto i dati pubblicati erano errati a fronte della regolarità dei pagamenti. Lamentava inoltre sia danni patrimoniali che non patrimoniali, avendogli impedito la contestata segnalazione l’accesso al credito, oltre a conseguenze pregiudizievoli per la propria salute fisica, e chiedendo conseguentemente la cancellazione o rettifica dei dati segnalati e il risarcimento di tutti i danni subiti.

La banca invece ha richiesto il rigetto del ricorso, sostenendo che dalla quarantunesima rata del prestito il debitore non avesse più provveduto al regolare pagamento, motivo per il quale aveva provveduto all’invio di una lettera di sollecito, a contattare il cliente in diverse occasioni per rappresentare la situazione debitoria e ad inviare successivamente una comunicazione di imminente segnalazione presso gli archivi del sistema di informazioni creditizie. La banca infine evidenziava la mancanza di prove in ordine ai danni lamentati dal cliente.

Il Collegio di Napoli, evidenziando come l’intermediario non risultasse avere assolto l’onere di provare la ricezione da parte del destinatario del preavviso di segnalazione in SIC, ha ritenuto che la decisione del caso dipendesse dalla soluzione del quesito se il preavviso di imminente segnalazione in SIC costituisca tuttora un requisito di legittimità della segnalazione quando il debitore è, come nella specie, un imprenditore individuale (argomento peraltro non pacifico nella giurisprudenza), ed ha quindi rimesso la questione al Collegio di Coordinamento.

Quest’ultimo ha preliminarmente evidenziato come il Collegio di Napoli abbia compiutamente ricostruito il quadro normativo di riferimento e ricordato come l’ABF abbia in più occasioni ribadito la legittimità della segnalazione in presenza della veridicità dei fatti segnalati e dell’assolvimento dell’obbligo di preavviso di segnalazione, e ciò anche quando si trattava di un soggetto non consumatore.

Il Collegio di Napoli ha altresì evidenziato come il Collegio di Coordinamento a seguito della modifica dell’art. 4 del Codice privacy (che non comprende le persone giuridiche dall’ambito di applicazione del Codice medesimo), abbia escluso l’obbligo del preavviso nei confronti delle persone giuridiche in quanto l’ art. 4, comma 7, del Codice di deontologia e l’art. 125, comma 3 del TUB lo prevedono solo nei confronti delle persone fisiche che rivestono la qualità di consumatore.

La ratio dell’esclusione risiederebbe nella volontà normativa di  semplificazione in materia di privacy nei confronti delle imprese (avendo queste a disposizione validi strumenti per controllare le loro esposizioni debitorie ed i rischi di eventuali segnalazioni), anche se il Collegio di Napoli ha giustamente specificato che tale impostazione non fornisce risposte univoche a situazioni come quella in esame, in cui il ricorrente è una persona fisica non consumatore, e cioè un imprenditore individuale il quale, come sovente avviene, non è dotato (al contrario di una persona giuridica) di una adeguata educazione finanziaria, tanto è vero che si sono nel tempo estesi istituti giuridici di matrice consumeristica alle c.d. microimprese.

Sempre il Collegio di Napoli ha richiamato l’art. 125, comma 3 del TUB (che prevede l’obbligo di preavviso solo per i consumatori), affermando, da un lato, che non assolve a finalità di semplificazione per le imprese e non può essere esteso anche ai non consumatori e, dall’altro, che rafforza la tutela dei consumatori prevedendo l’obbligo di preavviso indicato anche da altre norme per categorie diverse di debitori, non potendosi quindi desumere dall’art. 125 TUB la volontà di escludere tale tutela per i professionisti.

Quindi il Collegio di Napoli, alla luce della menzionata esclusione dell’obbligo di preavviso per le persone giuridiche finalizzata alla semplificazione degli oneri amministrativi nei confronti delle imprese, ha circoscritto la questione al doversi stabilire “se tale semplificazione debba intendersi in senso estensivo (anche per gli imprenditori individuali) o in senso restrittivo, considerato che allo stato attuale “interessato” al trattamento di dati può essere solo una persona fisica” ( ad esempio la normativa europea è orientata nel senso di garantire il preavviso anche ai professionisti, se persone fisiche).

Il Collegio di Coordinamento, dopo aver ricordato i condivisi rilievi del Collegio di Napoli, ha da subito dichiarato come il predetto art. 125 TUB (che prevede il preavviso solo per le persone fisiche consumatori), nello stabilire espressamente l’esclusione del preavviso per le persone giuridiche e per gli enti, riveli in realtà “l’intenzione generale del legislatore di tutelare diversamente la persona fisica in quanto soggetto interessato al trattamento dei propri dati, indipendentemente dall’attività svolta”; tale interpretazione si base sulla ricordata circostanza che la posizione dell’imprenditore individuale è, da un punto di vista socio-culturale ed in particolare di educazione finanziaria, piuttosto assimilabile a quella di un consumatore, oltre che sul fatto che tale norma costituisce pur sempre la concretizzazione di un generale dovere di correttezza e buona fede, tutelato da norme anche di rango costituzionale, che ha grande rilievo nei rapporti tra banca e cliente.

Pertanto la lesione del diritto alla riservatezza dei dati personali si sovrappone al generale diritto a  non vedere compromessa la propria reputazione a causa una segnalazione negativa in un SIC, in assenza di una preventiva comunicazione che consenta al debitore di contestare o eliminare tempestivamente il presupposto della segnalazione stessa, facendo conseguentemente ritenere al Collegio di Coordinamento che “la disposizione dell’art.125, 3 comma, TUB, lungi dal consentire una interpretazione estensiva dei casi di esclusione della tutela della privacy, rileva astrattamente nel suo portato assiologico come espressione di una regola di diritto comune di lealtà e correttezza nei rapporti contrattuali che non può, all’interno del conchiuso sistema di protezione dei dati personali, legittimare altrimenti una discriminazione nei diritti delle persone fisiche”.

Il Collegio di Coordinamento ha quindi affermato il principio che a favore delle persone fisiche, consumatori o professionisti che siano, va sempre applicato l’art.4 comma 7 del Codice deontologico, decidendo per il parziale accoglimento del ricorso relativamente alla illegittimità della segnalazione effettuata dalla banca che non ha fornito la prova della ricezione del preavviso da parte del cliente e respingendo le richieste risarcitorie di quest’ultimo, per l’assenza di elementi probatori.

In conclusione dunque, la metamorfosi a cui tutti sono esposti non si limita all’irrequietezza del legislatore che novella continuamente, revisionando o innovando, ma deve tenere conto del parallelo percorso che compie l’attività ermeneutica di giudici e arbitri che, in alcuni casi è in grado di fornire suggerimenti organizzativi ancor più espliciti della normativa stessa.

Certo, questo impone un ulteriore sforzo di monitoraggio ed aggiornamento e soprattutto una versatilità culturale dell’azienda in grado di cogliere “tutti i movimenti” anche se non attinenti esclusivamente il proprio settore di attività ma comunque ad esso limitrofi.

Del resto nell’attuale contesto, la sopravvivenza sul mercato è fatta di intuizione e professionalità.

Nel senso più ampio del termine.